L’Archetipo dell’Eroe

Ogni Civiltà che si rispetti ha i suoi Eroi. Molto spesso concorrono ad una fondazione o si rendono protagonisti di impavide azioni guerriere. Gli Eroi occupano una parte di quei Miti che ogni popolo al mondo ha posto come base del suo sentire, come sottofondo spirituale della visione del mondo che gli è propria. Analizzando a fondo i Miti, conosceremo la storia segreta di quello specifico Genus (1).mito.h1
L’Archetipo dell’Eroe di una data stirpe è fondamentale. Esso detta e dirige le azioni della gioventù guerriera, che tenderà a rinnovare e ricreare le azioni e lo stato di coscienza Marziale nelle vicende storiche e nella casta dei Difensori. Esso agirà nella psiche del popolo come una potenza che tenderà a realizzarsi e che infonde sicurezza, vitalità, forza, coraggio, senso dell’onore e della virtù cavalleresca. Tutto questo da un punto di vista psichico, potremmo dire animico. Ma vediamo di analizzare l’argomento da un punto di vista spirituale, più profondo ed inconscio.

Nella nostra Tradizione avevamo innumerevoli Archetipi eroici, a cominciare da Enea (che incarna in maniera più generale la Virtus e la Pietas, il Mos Maiorum nel suo complesso), poi Romolo, i vari eroi della fase Monarchica e Repubblicana, con una mitopoiesi davvero straordinaria. Poi, ovviamente, c’era Hercules (2), l’Archetipo per eccellenza che, tramite una serie di fatiche, giunge infine all’immortalità; ergo è l’Uomo, carico dei suoi limiti, che si fa Dio alla fine di un percorso preciso. Antonio_del_Pollaiolo_Ercole_Idra-845x1200
Il Mito Greco parla di dodici fatiche che vengono assegnate ad Ercole da un Re. Esso dovrà combattere contro mostri terribili, scacciare via uccelli malauguranti, pulire le stalle di Augia, catturare o rubare animali sacri, e infine prendere i tre pomi d’oro nel giardino delle Esperidi. Abbiamo tutti gli elementi per leggere i simboli chiari ed inequivocabili: il Mito ci sta parlando di un percorso iniziatico di Conoscenza di Se stessi che culmina nell’abbandono dello stato di coscienza umano per entrare definitivamente in quello divino, ed acquisire in questo modo l’immortalità dell’anima (3).
Il numero dodici compare nei Miti sempre per simboleggiare un compimento Solare di un’ opera, una sua completezza perfetta e divina. Il Re in questo specifico caso simboleggia invece la Mente (con il suo carico di limiti) che ogni uomo possiede; quegli stessi limiti si porranno dinnanzi a noi e ci faranno vivere delle esperienze da affrontare per la nostra crescita. I mostri sono sempre i nostri limiti principali, le paure ataviche, i traumi infantili, l’orgoglio egoico, l’arroganza e la tracotanza, i sensi di colpa. Gli uccelli oscuri che Hercules scaccerà con dei sonagli di bronzo donati dalla dea Athena (la nostra Minerva, dea della Sapienza) sono i pensieri ripetitivi che si affacciano incessantemente nella nostra psiche, la “scimmia impazzita che salta da un ramo all’ altro” che tramite una concatenazione infinita crea il nostro senso dell’Io e la voce interiore mai silente. Athena rappresenta la Sapienza e quindi la Consapevolezza, quindi ci indica che l’osservazione, la consapevolezza e la disidentificazione dai nostri pensieri è la prima arma contro di essi. Hercules dovrà poi pulire le stalle di Augia (figlio del Sole) dove si è accumulato un enorme carico di letame e conseguente sciame di mosche che oscura il cielo. L’Eroe stipula un patto e devia il corso dei due fiumi Alfeo e Peneo e riusci a pulire in un solo giorno le stalle e gli armenti. Le stalle sono i nostri chakra, che contengono gli armenti (la nostra energia), che sono sporchi per incuria. I due fiumi, Alfeo e Peneo sono le due grandi energie Universali, Yin e Yang, Maschile e Femminile, che producono equilibrio e quindi pulizia. La forza travolgente dell’acqua rappresenta anche il Mercurio nell’Alchimia medievale, chiamato anche Solvente Universale, colui che discioglie ogni cosa.ercole-farnese Una delle ultime fatiche di Hercules fu quella di andare oltre le colonne d’Ercole (sic), raggiungere il giardino delle Esperidi e rubare i 3 pomi d’oro, difesi da un serpente immortale con cento teste. In quel giardino si trovava Atlante, che reggeva il peso del globo sopra le sue spalle.
Cominciamo col dire che si spinse verso Ovest, oltre il mondo conosciuto, nell’Oceano Atlantico, nella terra d’Atlante. Qua possiamo vedere come il mito di Atlantide irrompe impetuoso. L’Ovest è la dove tramonta il Sole, il questo caso il Sole della vita di Ercole, la fine del suo percorso. Esperidi ci ricorda molto la parola “vespero” o anche “Hesperia” (la Terra della sera, uno dei nomi d’Italia). Il serpente ha sempre un significato ambivalente nei Miti, rappresenta sia il pericolo delle forze telluriche, sia la conoscenza (possiamo vedere una somiglianza col mito del giardino dell’Eden). I tre pomi d’oro sono chiari: qui si sta evocando il grande Dio Iperboreo, il Dio della Luce, della Conoscenza, della Consapevolezza e Coscienza assoluta, dell’Armonia in tutte le sue forme, Apollo. Non a caso le mele (il frutto della conoscenza) erano sacre ad Apollo (in inglese mela è Apple, in tedesco Apfel). La Sua Energia è ovviamente celeste e dorata. Il numero tre ricade in moltissimi Miti, è un numero considerato Sacro per molte Civiltà.
P0127Ercole in definitiva ci dice che l’essenza più profonda dell’uomo è di origine Divina (Hercules è figlio di Zeus/Iuppiter e di una mortale) e che, attraverso una serie di fatiche, può Conoscere se Stesso ed arrivare all’immortalità. Lui simboleggia la Via dell’Azione, contrapposta alla Via della Contemplazione. Lui, l’Uomo che si è fatto Dio da sè, dona l’Energia Vitale ai mortali che intraprendono il suo sentiero, fino ad arrivare alla Coscienza massima.

Valete optime.

PS. Ho preso alcune informazioni da questo scritto del Magister Roberto Zamperini. Consiglio vivamente di leggere questo post e il Blog per intero. Non ve ne pentirete.
zaro41.wordpress.com/…/laspetto-denso-e-quello-sottile-della-manipolazione

(1) Il Genus è la Stirpe. Da questa parola proviene “genere”, “generare”. In esso vive il Genius, l’essenza di un dato Genus appunto. Leggere Loris Viola – Essere Italiani vol 1.

(2) Herakles, Divinità greca, è ascrivibile al nostro Hercules. L’Ercole Italico era presente già in epoca pre-romana, ben prima dell’ellenizzazione. Quindi si suppone che fossero due Archetipi simili evolutesi da sè con qualche piccola differenza.

(3) I Nostri infatti credevano che l’anima fosse mortale, che si dissolvesse lentamente ma inesorabilmente dopo la morte del corpo, per finire con il bagno nel Fiume Lete, l’oblio e la Seconda Morte, almenochè l’anima in questione non fosse quella di un iniziato, allora in questo caso gli sarebbe stato consentito il ricordo e l’immortalità.

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